Nel 2050, due terzi della popolazione mondiale vivrà nelle città. Nelle aree urbane si consuma già oggi tra il 60 e l’80% dell’energia e viene prodotto almeno il 70% delle emissioni di gas serra globali; sono le zone più a rischio per l’inquinamento, più soggette alla crescita del consumo di suolo e in cui le disuguaglianze sociali diventano più profonde. Secondo le Nazioni Unite, però, la densità delle città è anche una caratteristica che può essere sfruttata per renderle più sostenibili, perché permette, per esempio, di razionalizzare i consumi di energia e di suolo, e di creare reti di trasporto pubblico ampie ed efficienti.

In un contesto in cui la gestione delle risorse ambientali spesso non è pianificata a livello nazionale, oggi molte città stanno studiando gli strumenti per valutare come usare e preservare le risorse sul loro territorio. Tra questi strumenti c’è il bilancio ambientale, uno strumento che si ispira ai budget finanziari ma che invece di gestire il denaro ha l’obiettivo di “pianificare, monitorare e rendicontare l’uso delle risorse ambientali a livello locale”. L’idea di un bilancio ambientale per le città si diffonde a partire dalla Carta di Aalborg, stilata nel 1994 con la Conferenza Europea sulle Città Sostenibili tenutasi – appunto – ad Aalborg, in Danimarca.

Il primo Bilancio Ambientale del Comune di Bologna risale al 2003, quando ancora l’emergenza climatica non era così presente nel discorso pubblico pur essendo, invece, gli anni di sviluppo e applicazione del protocollo di Kyoto.

È uno strumento volontario; oltre che per pianificare, viene usato dal Comune per monitorare e valutare l’efficacia delle azioni e delle politiche ambientali approvate di anno in anno. Ma anche per comunicare queste azioni ai cittadini: i dati che raccoglie sono pubblici; sul sito Open Data del Comune di Bologna sono disponibili quelli dal 2012 al 2018.

Ogni Bilancio Ambientale include una tabella con alcuni indicatori che mappano la gestione delle risorse; per esempio, tra gli indicatori che misurano la qualità dell’aria ci sono i valori della concentrazione di polveri sottili e di diossido d’azoto (un gas prodotto dai motori delle vetture a benzina e da alcune stufe), ma vengono valutati anche aspetti come l’inquinamento acustico, il verde urbano e la produzione di rifiuti. Se gli indicatori rimangono costanti nel tempo – e di solito lo sono –, confrontando i dati si può ricostruire l’efficacia delle misure prese dal Comune per affrontare i problemi ambientali della città e i settori in cui c’è ancora del lavoro da fare.

Le tabelle includono anche dei valori target, definiti in base alle normative nazionali e regionali o ai piani volontari approvati dal Comune (per esempio, il Piano di Adattamento). Quando il valore è definitivo da una normativa, il raggiungimento del target è un obbligo di legge.

Ogni anno, vengono pubblicati i dati e le azioni portate avanti durante l’anno precedente. Il Bilancio Ambientale del 2019 non è ancora stato pubblicato, ma è già in fase avanzata di elaborazione e sarà dunque disponibile a breve. Analizzando le serie storiche degli indicatori fornite dal Comune di Bologna (che includono anche dei dati parziali sul 2019), possiamo ricostruire le tendenze degli ultimi anni su alcune situazioni significative.

L’ARIA CHE RESPIRIAMO

I grafici qui sotto mostrano le concentrazioni medie annue di particolato atmosferico (PM10 e PM2.5) registrate negli ultimi anni dalla centralina di Via San Felice, usata come riferimento nel Bilancio Ambientale. Queste sostanze vengono prodotte dagli impianti di riscaldamento degli edifici e – in misura minore – dai trasporti e possono provocare problemi respiratori e altri effetti negativi sulla salute. I limiti di legge per le concentrazioni di PM10 e di PM2,5 sono fissati per legge rispettivamente a 40 e a 25 µg/m3. In entrambi i casi la media annua mostra un progressivo miglioramento e rientra nei valori target.

Un altro indicatore della qualità dell’aria, però, è la concentrazione del già citato biossido d’azoto (NO2). In questo caso la concentrazione media annua a Bologna, anche se in diminuzione, è ancora superiore a quella di legge di 40 µg/m³.

QUANTA ACQUA CONSUMIAMO

Nel territorio di Bologna, la gestione delle acque è uno dei punti cruciali del Piano di adattamento ai cambiamenti climatici della città: nei prossimi decenni la pressione sulle risorse idriche, già alta, potrebbe aumentare. Negli ultimi anni, i consumi idrici pro capite hanno raggiunto il target definito dal Piano di Tutela delle Acque, anche se rimangono alti i consumi domestici (146 litri giornalieri per abitante, rispetto ai 130 litri definiti come valore target dal Comune). Anche le perdite di rete rimangono troppo alte, a causa soprattutto di un sistema di tubature datato e sempre più sottoposto a periodi di pioggia e di siccità eccezionali, a causa del cambiamento climatico.

QUANTI RIFIUTI PRODUCIAMO

La produzione di rifiuti è molto alta in tutta Italia: nonostante siano in aumento i Comuni rifiuti free, in cui ogni cittadino produce al massimo 75 kg di rifiuto secco all’anno, nelle grandi città in media gli abitanti producono ancora centinaia di chili di rifiuti ogni anno.

Secondo il Rapporto Ecosistema Urbano 2019 di Legambiente, gli abitanti di Bologna hanno una spesa annua pro capite per i rifiuti di circa 200 €. I dati del Bilancio Ambientale mostrano un aumento della produzione di rifiuti negli ultimi anni, con 600 kg di rifiuti prodotti a testa nel 2019 – che, con ogni probabilità, aumenteranno sensibilmente nel 2020 a causa dell’uso di sistemi di protezione usa e getta come mascherine e guanti.

Anche la frazione di rifiuti che vengono differenziati è ancora troppo bassa, anche se in costante crescita: a fronte di un 65% di rifiuti solidi urbani dettati dalla normativa, Bologna nel 2019 si ferma a poco più del 54%.

QUANTA ENERGIA DA FONTI RINNOVABILI

In materia di energia, i dati del Bilancio 2018 mostrano che la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e assimilate ha raggiunto il target fissato dal PAES (il Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile) di 249.078 MWh, con una produzione di 305.079 Mwh. Questo valore è ottenuto dal totale dell’energia prodotta da fonti rinnovabili, cogenerazione a gas e rifiuti. Nel caso della produzione di energia dai rifiuti, però, non è stato raggiunto il target specifico di produzione di 154.000 MWh.

Secondo l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), l’organo delle Nazioni Unite che monitora lo stato della ricerca sul cambiamento climatico, nei prossimi decenni gli eventi meteorologici estremi, che prima avvenivano in modo sporadico, diventeranno sempre più frequenti. Per le città come Bologna, questo significa che si potrebbero aggravare le ondate di calore estive, i nubifragi e i periodi di scarsità d’acqua (che oggi già colpiscono l’area metropolitana di Bologna, soprattutto durante l’estate). Al tempo stesso, come rilevato anche dai dati Arpae che monitorano anche le vulnerabilità climatiche della regione Emilia-Romagna, si possono verificare precipitazioni molto intense tanto da causare in diverse aree allagamenti e alluvioni che hanno comunque un impatto molto pesante sulla gestione delle risorse idriche locali.

Le azioni tempestive delle amministrazioni saranno fondamentali per mettere in atto strategie di adattamento di lungo periodo, come il potenziamento delle aree verdi pubbliche e il riammodernamento della rete idrica. Ma queste strategie devono includere anche un profondo coinvolgimento dei cittadini, per agire in modo efficace sugli aspetti in cui i comportamenti individuali hanno un peso importante, come i consumi idrici, la produzione di rifiuti e il riscaldamento delle abitazioni. E soprattutto, devono sperimentare nuovi modi per coinvolgere tutti – non solo i (molti) cittadini già attivi e sensibili a questi temi.

Anna Violato – Formicablu

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