Il 9 dicembre 2020, sulla pagina Facebook della Fondazione Innovazione Urbana, si è tenuto il primo dei tre appuntamenti online del ciclo “CHIARA, cambia il clima a Bologna”. Nonostante il tempo dedicato a chi ci ha seguito da casa, ad alcune domande non è stato possibile rispondere in diretta. Per questo, abbiamo pensato di contattare nuovamente i nostri relatori e le nostre relatrici, abbiamo chiesto loro di scriverci le risposte e, proprio come si fa con un bel regalo, le abbiamo confezionate e ve le proponiamo di seguito.


VINCENZO BALZANI, Università di Bologna, Professore Emerito, attualmente si occupa della transizione energetica dai combustibili fossili alle energie rinnovabili in relazione al cambiamento climatico.

  • Vorrei porre una domanda al prof Balzani: mi è sembrato di capire che il fotovoltaico sia la tecnologia rinnovabile migliore, guardando a Bologna è fattibile secondo lei installare sui tetti degli edifici pubblici pannelli fotovoltaici per il fabbisogno energetico cittadino? Esistono delle stime in tal senso?

Lo si metta dove non dà fastidio: tetti di capannoni, parcheggi, aree dismesse, palazzi moderni scuole, anche sui campi montando i pannelli inclinati ad un’altezza di 3-4 metri sul suolo. In queste condizioni si può continuare a coltivare. Agrofotovoltaico: ci sono già molti esempi che ne dimostrano la fattibilità.

  • La sfida epocale che stiamo affrontando, sembra che mal si concilii con le esigenze economiche. Cosa ne pensa e che relazione intercorre, eventualmente, tra la sfida del cambiamento climatico, la qualità dell’aria, il nuovo polo logistico di Altedo e il Passante di Mezzo a Bologna?

Purtroppo, c’è una assoluta mancanza di coerenza da parte di chi governa sia la nazione che la regione: si parla molto di “green”, e indirettamente si incentiva il trasporto su gomma invece di potenziare quello su rotaia.

  • Come raggiungere la neutralità climatica” è il sottotitolo di questa iniziativa. La politica locale si sta interrogando da tempo e le istituzioni hanno i dati (i contributi di oggi lo dimostrano). Tuttavia, l’industria è più veloce e impone già un suo modello di transizione. Esempio: Eni e il suo impianto di stoccaggio e di cattura della CO2 e di produzione dell’idrogeno “blu” dove si estraeva gas naturale, a Ravenna, che vorrebbe realizzare con fondi europei. Cosa pensa di un impianto di stoccaggio e di cattura di CO2 e la produzione di idrogeno blu ? 

L’idrogeno blu è un ennesimo tentativo di mantenere in vita i combustibili fossili e di attingere ai fondi che si chiamano Next generation EU con i quali si dovrebbero sviluppare le energie rinnovabili. 

  • Cosa pensa, Prof. Balzani di questa visione centralizzata della gestione dell’energia ? Se fosse un saggio dell’ENI, lo consiglierebbe?

Nell’Eni comandano gli economisti, non i saggi. I veri saggi sanno che non bisogna adattare l’ecologia all’economia, ma l’economia all’ecologia, altrimenti non ci sarà futuro sul pianeta. Le comunità solari possono nascere e crescere soltanto dal basso, cioè dei cittadini. Permettono una delocalizzazione della produzione di energia, che è cosa buona. 


Sandro Fuzzi, CNR, Associato di Ricerca dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) di Bologna, ha partecipato alla redazione del IV e V rapporto IPCC.

  • Come giudica il fatto che in 10 anni a Bologna l’aumento di 0,3 gradi? È grave? È in linea con quelli previsti dal report dell’ipcc del 2018? Stiamo sforando?

Non si può ragionevolmente comparare il dato di Bologna con i dati dei Reports IPCC che si riferiscono a dati medi a livello globale. Ciò che si può dire è che per l’Italia si è avuto nell’ultimo secolo un aumento di circa 0.4 °C più elevato rispetto alla temperatura media globale.

  • Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Allo stato attuale quanto mare c’è fra queste due azioni. E quando si inizierà a fare, quanto ci vorrà per vedere dei risultati concreti? Grazie per questo dialogo interessante.

La quantità di mare, per rimanere alla formulazione della domanda, è purtroppo molto grande. Al momento solo due/tre paesi sono in linea con gli impegni relativi all’Accordo di Parigi. Si nutre molta speranza sulla 26ma Conferenza della Convenzione per il Cambiamento Climatico (UNFCCC) che si svolgerà a Glasgow in novembre 2021 dove, per la prima volta dopo l’Accordo di Parigi, verrà fatta la valutazione delle proposte di riduzione delle emissioni dei vari paesi. Di particolare importanza il fatto che la Conferenza di Glasgow sarà coordinata congiuntamente dal Regno Unito e dall’Italia. A questo proposito va anche segnalato anche che l’11 dicembre 2020 il Consiglio Europeo (cioè i capi di Stato) ha approvato “l’obiettivo UE vincolante di riduzione interna netta delle emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990”. Questo obiettivo innalza l’impegno dell’Unione Europea nella mitigazione ai cambiamenti climatici, e deve essere motivo di speranza che gli altri paesi vogliano seguire. Sull’aspetto dei risultati concreti occorre dire molto chiaramente che pochi di noi vedranno questi risultati e questa è la ragione per cui è stato, ed è, così difficile trovare un accordo internazionale per la mitigazione dei cambiamenti climatici. La riduzione delle emissioni di composti clima-alteranti che si realizzano oggi porteranno a una stabilizzazione della temperatura del pianeta fra alcune decine di anni come minimo e dovremo convivere a lungo con il cambiamento climatico. In pratica si chiede alla generazione presente di investire oggi per benefici di cui godranno le generazioni future. Questo non deve però farci recedere dalle necessarie azioni per la mitigazione, se non altro per il bene dei nostri figli e nipoti.

  • Nella storia geologica del sistema Terra, sono già avvenuti dei cambiamenti della concentrazione di gas serra e della temperatura atmosferica. Quando questi cambiamenti sono avvenuti, soprattutto se velocemente, sono testimoniati tassi di estinzione anomali e alti rispetto alla norma (es. limite Paleocene-Eocene). In luce di ciò, e in luce di tutte le complicazioni che vediamo oggi come superamento dei tipping points e vari effetti feedback, quanto personalmente siete preoccupati riguardo al problema della crisi climatica ed ecologica? Quanto pensate che siano probabili o improbabili queste proiezioni pessimistiche?

Occorre considerare che la presenza dell’uomo sulla Terra è molto recente (la nostra specie, l’homo sapiens è presente “solamente” da meno di 200.000 anni, rispetto ai 4,5 miliardi di anni di età della Terra). Per tutto questo tempo la nostra specie non ha influenzato sensibilmente il Sistema Terra, sia per i numeri relativi alla popolazione sul pianeta che per il livello tecnologico molto limitato. È solo da circa 150-200 anni che l’uomo ha iniziato ad avere un’influenza rilevante sul pianeta e dagli anni ’50 siamo entrati nel cosiddetto Antropocene, l’epoca nella quale all’ essere umano e alle sue attività sono attribuite le cause principali delle modifiche ambientali e climatiche. Questo è quindi il problema con cui dobbiamo confrontarci. Nel lontano passato i cambiamenti climatici erano modulati solo da fattori naturali con un contributo minimale da parte dell’uomo, mentre oggi è l’uomo che interviene direttamente e pesantemente sul clima. È ovvio che questo deve preoccupare, anche se oggi abbiamo le conoscenze e le capacità tecnologiche per porre rimedio a quanto fatto, più o meno coscientemente, negli ultimi decenni. È solo una questione di volontà politica.

  • Se ho ben capito, l’accordo di Parigi cerca di mantenere l’innalzamento delle temperature entro massimo 2 gradi entro il 2100 e localmente le previsioni ci dicono che supereremo i 2 gradi entro il 2050. Come si coniuga l’obiettivo con la realtà?

Ad oggi gli obiettivi di riduzione delle emissioni proposti dai paesi associati alle Nazioni Unite sono certamente non in linea con l’Accordo di Parigi. Occorrerà attendere le risultanze della 26ma Conferenza della Convenzione per il Cambiamento Climatico che si svolgerà a Glasgow in novembre 2021 dove, per la prima volta dopo l’Accordo di Parigi, verrà fatta la valutazione delle proposte di riduzione delle emissioni dei vari paesi. Siamo ancora in tempo per limitare il riscaldamento del pianeta, ma sono necessarie azioni rapide ed incisive di riduzione progressiva delle emissioni clima-alteranti.


RODICA TOMAZEIU, ARPAE, Phd in Fisica presso Università di Bucarest, climatologa presso Osservatorio Clima di ARPAE, esperta di modelli di regionalizzazione statistica del clima a scala locale.

  • Avete notato dei cambiamenti significativi nella concentrazione di inquinanti a Bologna durante questi mesi di pandemia?

Come ha spiegato Vanes Poluzzi nell’intervista che ha rilasciato a ChiaraEco a dicembre, “durante il lockdown che ha costretto a casa la maggior parte delle persone da marzo a maggio, c’è stata una diminuzione degli ossidi di azoto provenienti dal traffico veicolare e dalle combustioni. Ma va sottolineato che era una diminuzione abbastanza scontata, visto che il traffico veicolare è diminuito di circa l’80% in alcune aree della Pianura Padana, ed è quindi evidente che la nostra aria abbia beneficiato di una diminuzione di inquinanti primari come il benzene. Tuttavia, con l’allentamento delle misure restrittive della circolazione, le emissioni del traffico veicolare hanno cominciare gradualmente a crescere fino a tornare a livelli pressoché normali. Non è invece diminuito in modo sostanziale il PM10: “quello che abbiamo registrato, infatti – continua Poluzzi – è una sorta di shift modale: dalle emissioni dovute al traffico si è passati ad un aumento dell’inquinamento dovuto ad un maggiore uso di combustibili per riscaldare le mura domestiche”. 

Leggi l’intervista completa dedicata alle misure emergenziali anti-smog.


PAOLA MERCOGLIANO, CMCC, Responsabile della Divisione REMHI – modelli regionali ed impatti geo-idrologici.

  • Mi sembra che per essere efficaci nella comunicazione dovremmo raccontare in modo specifico i rischi per le persone. Cioè quali rischi per la città. Le proiezioni sulle temperature e precipitazioni non bastano a far capire a cosa si va incontro. Cosa ne pensa?

Penso che sia necessario raccontare il cambiamento climatico facendo maggiormente riferimento a cosa esso comporta in termini di impatto sulla nostra vita. Ad esempio, il cambiamento climatico aumenta l’intensità e la frequenza delle ondate di calore oppure aumenta la probabilità di eventi molto intensi di pioggia; realtà che d’altronde stiamo già osservando e di cui capiamo la gravità anche sulla base dei danni e delle perdite che tali eventi provocano. È importante anche che si capisca che purtroppo è importante nei prossimi anni mettere in campo sia azioni di mitigazione (ovvero che possano ridurre le emissioni di gas climalteranti in atmosfera) ma anche di adattamento (ovvero azioni che rendano i diversi contesti, come ad esempio le città, più resilienti cioè pronte a gestire le conseguenze già in atto del cambiamento climatico). La buona notizia è che la comunità scientifica ha delle soluzioni, è in grado di supportare validamente chi gestisce il territorio suggerendo azioni mirate anche sulla base delle conoscenze sempre più affidabili che abbiamo sul cambiamento climatico a scala locale e sugli impatti che esso determina sui contesti specifici. Penso che raccontare il cambiamento climatico debba da una parte rendere chiaro che si tratta di una questione urgente che necessita di essere gestita a diversi livelli (dalla classe politica al singolo cittadino o da chi gestisce le aziende private) ma, allo stesso tempo, dobbiamo raccontare che la ricerca va avanti e che ci sono già soluzioni e strategie che possono essere suggerite per mitigare e adattarsi al cambiamento climatico sia su scala locale che globale e con un’incertezza sempre più contenuta man mano che la ricerca va avanti.


GIACOMO GRASSI, JRC, Phd in in ecologia forestale presso l’Università di Bologna, ricercatore al Joint Research Centre (JRC) della Commissione Europea, esperto di foreste e cambiamenti climatici nell’interfaccia tra scienza e politica.

  • L’incentivazione della piantumazione di alberi a scopo produttivo (silvicoltura) e l’incentivio all’uso del legno nell’edilizia può essere una politica utile alla fissazione di co2?

Certamente. Una gestione attenta dei nostri boschi, che sono tanti (quasi il 40% del nostro territorio) ma spesso abbandonati, può aiutare a gestire i fattori che influenzano la crescita delle piante (luce, acqua, etc). Questo può aiutare i boschi a crescere meglio, e quindi a catturare più  CO2 nel legno e nel suolo. Oltre a questo, un uso intelligente del legno – come ad esempio nell’edilizia – significa che la CO2 catturata dai boschi viene conservata per decenni, e non rilasciata rapidamente nell’atmosfera. Un altro vantaggio è che questo riduce l’uso di cemento ed acciaio nell’edilizia, la cui produzione è un’importante fonte di emissioni di gas serra.


VALENTINA ORIOLI, Comune di Bologna, Vice Sindaca e Assessora Ambiente e Patto per il clima

  • Per il cambiamento dello stile di vita conseguente alla presa di coscienza del rischio, possiamo pensare ad una lunga campagna di moral suasion come quella verso le restrizioni anti Covid che ha avuto un bel successo sugli italiani. Cosa ne pensa?

Di fronte ai problemi ambientali gravi che dobbiamo tutti insieme affrontare, una risposta dell’amministrazione non può essere semplicemente quella di rinunciare a fare ogni cosa. Le amministrazioni hanno infatti il compito di rispondere alle richieste e le necessità dei cittadini. Quindi non basta astenersi dall’azione pensando in questo modo di risolvere alla radice i problemi ambientali. Se ad esempio in una città c’è esigenza di case, bisogna dare una risposta il più possibile coerente a questa domanda. E’ necessario avere sempre un’attenzione specifica al contesto.

  • Visto che la maggior parte delle soluzioni proposte riguarda un cambiamento radicale del nostro modo di vivere, come si pensa di coinvolgere i cittadin* nella presa decisone? In che modo la situazione ambientale è connessa con il nostro sistema democratico?

La situazione ambientale è connessa con il nostro sistema democratico, principalmente perché a farne le spese maggiori della situazione ambientale sono le persone più fragili. In altre parole, io credo che sia necessario riflettere sulla connessione fra la situazione ambientale e l’ingiustizia, la disuguaglianza, la fragilità in termini sociali. Credo che per questo sia utile allargare la partecipazione della popolazione alle decisioni ma non credo che questa sia l’unica strada e penso che chi ha il compito di governare ad ogni livello debbano assumersi comunque le proprie responsabilità.

  • Ma in vista di questi pericolosi scenari di gestione delle acque, delle temperature e dell’inquinamento dell’aria, documentati accuratamente da decenni da studi scientifici, una buona politica di investimento a lungo termine con occhio alle generazioni future non sarebbe che le amministrazioni evitassero a tutti i costi un ulteriore consumo di suolo e cementificazione di aree verdi?

In una città come Bologna, ad esempio, da oltre 10 anni non viene più consumato suolo agricolo per grandi trasformazioni urbanistiche, ma le trasformazioni urbanistiche sono tutte previste all’interno della città esistente e utilizzando aree che comunque sono già state trasformate in passato. Questa è una strategia che va a favore di un miglioramento della condizione ambientale e sicuramente questa strategia in futuro dovremmo essere sempre più attenti e rigorosi. Il tema dei distributori di benzina è stato affrontato dal Comune di Bologna con un specifico Piano Urbanistico che si è costruito a partire da una manifestazione di interesse con cui sono state raccolte proposte da parte di privati. Questa manifestazione di interesse è stata fatta perché anche in relazione all’evoluzione delle normative regionali, si è riscontrata la necessità di ammodernare la rete di distribuzione dei carburanti nel territorio urbano. L’essere ricorsi a un piano urbanistico ci ha però permesso di selezionare moltissimo le proposte arrivate e quindi di esercitare un controllo sulla pianificazione di nuove pompe di benzina. Controllo che sarà poi esteso alla loro realizzazione perché abbiamo espresso molti elementi di controllo della sostenibilità di questi insediamenti. Insediamenti che, occorre dirlo, sono elementi funzionali della rete stradale che le norme di suggeriscono di tenerle fuori dai centri abitati e che quindi fatalmente sono tra le poche funzioni che si vanno ad insediare nelle aree agricole periurbane.

  • Il Passante di Bologna come si concilia con l’emergenza climatica e l’esigenza di promuovere la mobilità sostenibile?

Risolvere le questioni ambientali non significa non fare nulla, ma occorre avere una visione di insieme dello sviluppo futuro che cerca di tenere in equilibrio tutti i suoi aspetti, anche quelli più complessi e delicati. Il caso del Passante è uno di questi. Stiamo parlando di un sistema, quale quello della tangenziale dell’autostrada, che è molto importante non solo per Bologna, ma per l’intero contesto Regionale e Nazionale, e ha già un forte impatto sulla città. L’intervento che si prevede di realizzare sul Passante lavora sulla mitigazione e l’adattamento di questo oggetto rispetto all’intorno urbano e porta con sé non soltanto un allargamento del sistema stradale, che è teso a funzionare meglio, ma soprattutto un inserimento paesaggistico/ambientale di questo sistema con l’obiettivo di ridurne gli impatti sull’ambiente urbano generale. In particolare, lavorando sulla realizzazione di nuove aree verdi e di fasce boscate, e sulla sistematizzazione di tutte le connessioni legate alla mobilità sostenibile e alla rete viaria minore che permettono un migliore funzionamento di tutte le aree urbane attraversate. 

Visti i tempi, non è stato possibile dare una risposta a tutte le domande ma Chiara rimane a disposizione per commenti e richieste di approfondimento.

A breve pubblicheremo le date dei prossimi appuntamenti. La rassegna live di Chiara Eco è promossa dal Comune di Bologna e curato dalla Fondazione per l’Innovazione Urbana in collaborazione con formicablu, con l’obiettivo di far conoscere i dati e gli effetti della crisi ecologica e climatica di Bologna e riflettere su come collaborare per contrastarli e agire per realizzare un cambiamento.

Ti sei perso\a il primo evento del ciclo “Chiara: cambia il clima a Bologna”? Per fortuna, l’abbiamo registrato e caricato su YouTube: “CONOSCERE i dati per capire cos’è e come raggiungere la neutralità climatica“.

3 commenti

  • Luca Tassinari ha detto:

    Sul Passante Valentina Orioli non dice tutta la verità.

    Primo: “un allargamento del sistema stradale, che è teso a funzionare meglio”.

    Questa è la posizione di Autostrade per l’Italia SpA, cioè quell’azienda che secondo diversi magistrati italiani, in diversi filoni di indagine seguiti al crollo del ponte Morandi, praticava una politica aziendale tesa a massimizzare il profitto a discapito della sicurezza degli utenti. Autostrade per l’Italia SpA ci racconta che allargare un’autostrada in mezzo alla città “fluidifica il traffico”, ma non è vero. Da oltre cinquant’anni (il paradosso di Braess fu enunciato nel 1968) gli scienziati ci spiegano che aumentare la capacità stradale in un’area congestionata aumenta la congestione. Da allora l’enunciazione ha avuto decine di riscontri fattuali. Valentina Orioli intende ascoltare gli scienziati, come va di moda dire oggi, o preferisce ascoltare le sirene di Autostrade per l’Italia SpA?

    Secondo: “L’intervento che si prevede di realizzare sul Passante lavora sulla mitigazione e l’adattamento di questo oggetto rispetto all’intorno urbano”.

    Non raccontiamoci storielle. Il Passante produce da solo il 40% delle emissioni da traffico veicolare del Comune di Bologna, che ha 900 chilometri di strade. Dopo l’allargamento la percentuale salirà al 50% (fonte: parere finale della Regione Emilia Romagna sul progetto di potenziamento). Moltiplicando i 13 chilometri del Passante per 8 corsie di marcia, si ottengono poco più di 100 chilometri. Come pensa Valentina Orioli di “mitigare” un 11% di rete stradale che produce il 40% dell’inquinamento cittadino? E quali “mitigazioni” prevede il progetto? Per allargare il Passante verranno distrutti 30 ettari di bosco, che non verranno compensati da nuovo verde, ma “monetizzati” da Autostrade versando poco meno di 1,4 milioni di euro in un apposito fondo regionale. Davvero Valentina Orioli crede che scambiare boschi per soldi sia una buona idea in una situazione di emergenza climatica ed ecologica? (dichiarata peraltro dalla giunta in cui siede Valentina Orioli, non da me).

    Il potenziamento del Passante è un danno certo per la collettività in cambio di un vantaggio certo per le casse del concessionario. L’unica cosa saggia da fare è fermarlo immediatamente. Suggerirei a Valentina Orioli, e ancora di più a chi oggi si canddida a governare Bologna nei prossimi cinque anni, di valutare attentamente la risposta del prof. Vincenzo Balzani all’inizio di questo articolo, che riporto qui per comodità:

    D: che relazione intercorre, eventualmente, tra la sfida del cambiamento climatico, la qualità dell’aria, il nuovo polo logistico di Altedo e il Passante di Mezzo a Bologna?

    Risposta del prof. Balzani: Purtroppo, c’è una **assoluta mancanza di coerenza da parte di chi governa** sia la nazione che la regione: si parla molto di “green”, e indirettamente si **incentiva il trasporto su gomma** invece di potenziare quello su rotaia.

    • Redazione ha detto:

      Buongiorno, grazie per il suo commento. Chiara ha tra i suoi obiettivi quello di rendere accessibili i materiali e comprensibili i dati sulla crisi ecologica e climatica. Per questo motivo, stiamo lavorando per raccogliere tutto il materiale utile a costruire una notizia di approfondimento sul tema. La invitiamo a continuare a seguire il nostro lavoro.

  • Carla ha detto:

    In merito ai distributori di carburante,otto,di cui sette su terreni agricoli coltivati,di pregio,cunei agricoli vorrei come cittadina esplicitare all’Assesore Orioli alcune considerazioni:
    Il poc carburanti nasce per regolare una manifestazione di interesse privato; che nel giro di pochi km siano state presentate una quindicina di richieste,senza contare che altrettanti distributori sono presenti è curioso.
    Pensare poi che tanti stanno chiudendo fa riflettere sul perché tanti privati volessero investire l’uno affianco all’altro nonostante il crollo della domanda.
    Si potrebbe entrare nel merito del perché non sono state accettate le osservazioni e le proposte di ammodernamento degli impianti già esistenti nelle aree considerate.
    Ma il punto non è questo,non mi voglio imbattere in un dibattito tecnico,giuridico e forse nemmeno politico,il punto è il bene di una comunità che in questo caso da una parte vede cibo, dall’altro benzina e non vi è possibilità di compromesso. Lei,Assessore,la Sua giunta, avete l’onore ed il dovere di servire un interesse collettivo prima che privato.

Scrivi un commento

Un progetto di Fondazione Innovazione Urbana