I dati dal nuovo bilancio arboreo, lo strumento che censisce gli alberi alla fine di ogni mandato amministrativo
6442 alberi in più rispetto al 2016: è uno dei dati che emerge dall’ultimo Bilancio arboreo del Comune di Bologna, uno strumento voluto dalla legge 10/2013 che impone alle città con più di 15 mila abitanti di pubblicare – a due mesi dalla fine di ogni mandato amministrativo – un censimento del verde. Tra gli obiettivi c’è quello di dare conto a cittadini e cittadine delle dimensioni e dello stato di manutenzione del verde pubblico.
Secondo i numeri del nuovo bilancio, pubblicato a luglio, il “bosco urbano” di Bologna è composto da 85.270 alberi singolarmente censiti – cioè monitorati in modo individuale – più altri 30-40 mila alberi nei boschi e nelle macchie forestali in collina, per un totale di circa 120.000 alberi. Nel 2016, anno dell’ultimo bilancio arboreo, gli alberi censiti singolarmente erano circa 78 mila. I circa 6000 alberi in più sono in gran parte stati piantati nel corso del mandato (i nuovi alberi messi a dimora nel solo 2021 sono stati più di 1400), ma sono dovuti anche dalla presa in carico di terreni che sono stati ceduti all’amministrazione comunale.
La mappa degli alberi censiti singolarmente dal Comune di Bologna. Ingrandendo la mappa e cliccando sui singoli alberi se ne possono consultare le caratteristiche.
Un ambiente stressante
La notizia di migliaia di alberi in più non può che sembrare buona. In realtà, ricorda Roberto Diolaiti, direttore del Settore Ambiente e Verde del Comune di Bologna, il numero di alberi non è tutto. “Il Comune di Bologna ha di recente adottato il Piano del verde, che mette in campo le azioni e i target per implementare il più possibile la dotazione di verde pubblico. Dobbiamo però iniziare a sfatare il mito della foresta urbana a tutti i costi” spiega Diolaiti. “Bisogna fare ragionamenti di lungo periodo e mettere a dimora gli alberi in posti dove possono arrivare a maturità: il Comune di Bologna avrebbe potuto decidere di piantare 10mila alberi in più, ma con la consapevolezza che quelle piante non avrebbero avuto un futuro”.
Più un albero è maturo e in salute, infatti, più benefici tende a portare all’ecosistema urbano. Il motivo per cui piantare alberi è considerato un mantra della lotta al cambiamento climatico è la capacità delle piante di immagazzinare anidride carbonica – CO2, un gas serra – tramite la fotosintesi. Un albero adulto di media grandezza è in grado di catturare tra i 10 e i 20 kg di CO2 ogni anno. Si stima, però, che gli alberi dei boschi italiani immagazzizino in media solo 2 kg di CO2 annua, perché molti sono giovani, in cattiva salute o sottoposti allo stress climatico – cioè a condizioni di vita peggiori a causa delle temperature in aumento o di eventi estremi.
E in città, il cambiamento climatico non è l’unica causa di stress per le piante. “Per vivere 30, 40 o 50 anni, gli alberi devono avere a disposizione lo spazio necessario per svilupparsi, sia aereo che sotterraneo. Il che significa trovare spazi di almeno 35-50 metri quadri per ognuno, senza ostacoli”, racconta Diolaiti. “In più, dobbiamo fare i conti con fenomeni meteorologici che una volta chiamavamo eccezionali, ma che oggi a causa del cambiamento climatico sono solo non convenzionali”, come le ondate di calore, che negli ultimi due decenni sono diventate più lunghe e frequenti, o le gelate fuori stagione. Mesi come quelli che abbiamo visto quest’estate, con temperature che per settimane non scendono sotto i 30°C e piogge praticamente assenti, mettono a dura prova anche gli alberi maturi. “Il Comune di Bologna si avvale di professionisti che svolgono un monitoraggio sugli alberi, due volte l’anno. Il patrimonio arboreo infatti va monitorato costantemente per capire come sta, se ci sono degli alberi ammalati o sofferenti. Dalla conoscenza (che deriva dal censimento) e da questa opera di monitoraggio vengono definite le azioni di gestione, come la potatura o l’abbattimento, che a volte è inevitabile, soprattutto per alberi che si sono seccati. Le indagini strumentali periodiche permettono anche di identificare alberi che sembrano sani, ma che hanno il tronco cavo a causa della carie del legno, imputabile a organismi patogeni che deteriorano i tessuti facendo perdere loro la resistenza meccanica. Quando siamo costretti ad abbattere alberi ancora vivi l’aspetto comunicativo è importante, perché gli alberi possono apparire sani e la gente giustamente si chiede perché vengano abbattuti. Nei casi di abbattimenti e sostituzioni da almeno 15 anni il Comune dà una comunicazione preventiva, con comunicati stampa, cartelloni o facendo assemblee nei quartieri nel caso di interventi di rinnovo di intere alberature”.
Creare ecosistemi
Il Regolamento del verde di Bologna prevede che, per ogni albero abbattuto, ne venga messo a dimora almeno un altro – preferibilmente nella stessa posizione. La scelta di quale specie piantare, però, non è scontata.
Per creare un ecosistema urbano sano e in grado di adattarsi al cambiamento climatico, il Comune di Bologna sta seguendo le indicazioni prodotte da due progetti europei a cui ha partecipato, LIFE GAIA e LIFE BLUEAP.
L’obiettivo del progetto GAIA era studiare come le funzioni biologiche delle piante potessero aiutare a contrastare i cambiamenti climatici e l’inquinamento. Per questo i ricercatori dell’Istituto di Biometeorologia (IBIMET) del CNR hanno analizzato specie vegetali diverse, soprattutto autoctone, per capire quali sono le più efficaci nell’assorbire CO2, polveri sottili e inquinanti gassosi, quali emettono meno pollini e altre sostanze che aumentano l’inquinamento dell’aria, e quali sono in grado di favorire un maggiore abbassamento della temperatura.
Grazie alle ricerche del progetto BLUEAP, invece, sono state individuate le specie che si adattano meglio ad alcuni elementi critici dell’ambiente cittadino, come la scarsità d’acqua, la cementificazione, un suolo povero di nutrienti, l’inquinamento.
I risultati di questi studi sono stati inclusi nell’Allegato 3 del Regolamento del verde (parte del Piano Urbanistico Generale approvato a fine luglio). Alcuni degli alberi più comuni a Bologna, come gli aceri campestri, appaiono come dei validi alleati, perché emettono poche sostanze volatili e hanno una buona capacità di assorbire sostanze inquinanti e di resistere allo stress idrico. Altre specie, come i tigli nostrani, nonostante l’alta efficienza nel catturare CO2 e polveri sottili sono più vulnerabili alla carenza d’acqua. La scelta di dove e cosa piantare, quindi, va valutata caso per caso, dati alla mano.
Le specie che compongono il patrimonio arboreo di Bologna. Le più diffuse sono il bagolaro (Celtis australis), il platano comune (Platanus acerifolia), l’acero campestre (Acer campestre), il tiglio europeo (Tilia intermedia) e il frassino maggiore (Fraxinus excelsior).
Secondo Roberto Diolaiti, aumentare la biodiversità della foresta urbana bolognese è uno degli obiettivi che andrebbero perseguiti nel futuro: “In termini numerici, le prime cinque specie botaniche più diffuse compongono da sole il 35% del patrimonio arboreo comunale complessivo. Se ci spingiamo alle prime dieci, si arriva al 50% del patrimonio arboreo. Bisognerebbe incrementare la biodiversità mettendo a dimora altre specie meno usuali, per dare più stabilità all’ecosistema e favorire il contrasto ai cambiamenti climatici e all’inquinamento urbano”.
Un altro degli obiettivi del Piano del verde è favorire – attraverso incentivi – nuove forme di verde sia per l’edilizia pubblica sia per quella privata. Per esempio il verde pensile sui tetti (i cosiddetti “tetti verdi”) o quello ricadente sulle facciate degli edifici. Entrambi contribuiscono alla mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici, assorbendo sostanze inquinanti e mitigando le temperature, in modo flessibile e senza richiedere spazi molto ampi. Per creare, accanto alla foresta urbana degli alberi, sempre più spazi verdi sostenibili e resistenti ai cambiamenti climatici.
di Anna Violato, formicablu
Anna Violato è una comunicatrice della scienza freelance che vive a Bologna. Collabora con RADAR Magazine, testata online che racconta i cambiamenti del clima e dell’ambiente, con lo studio di comunicazione scientifica formicablu e con la casa editrice Zanichelli.
Foto di copertina: Platano di Piazza Minghetti (di Margherita Caprili)
“Per esempio il verde pensile sui tetti (i cosiddetti “tetti verdi”) o quello ricadente sulle facciate degli edifici.”
In una città in cui si consumeranno 25 ettari di verde (inquinato ma verde) per stendere nuove corsie di bitume (quello si che trattiene il calore), si realizzaranno nuovi Hub e distributori di carburante su suolo agricolo,dove la temperatura è aumentata di media di un grado centigrado in pochi anni e c’è carenza di acqua piovana e dove i prati (quelli veri) sono seccati per l’estate torrida, si chiede ai cittadini di mettere tetti erbosi (avete presente la Mediateca di San Lazzaro?)… A volte non vi sembra di essere presi in giro?
Chiara Marini