Nel rapporto di Legambiente Ecosistema Urbano 2022 c’è poco per cui rallegrarsi. Nonostante alcuni esempi virtuosi,  le città dopo l’emergenza Covid-19 sono tornate quelle di prima. Bologna scivola di nuovo nella classifica.


È uscito a novembre il 29esimo rapporto Ecosistema Urbano di Legambiente. Il rapporto è basato sui dati raccolti dai questionari inviati ai 105 Comuni capoluogo e sulle informazioni di altre fonti statistiche accreditate, e fotografa le performance ambientali delle principali città italiane. Il rapporto di quest’anno si riferisce ai dati del 2021: si tratta quindi della prima misurazione successiva all’emergenza Covid-19.

La pandemia, come sappiamo, ha investito ogni settore rivelando fragilità preesistenti, e questo vale anche per le città. Si è sperato che questo ci avrebbe spronato nella direzione giusta, ma così non è stato. O almeno non ancora. Per i curatori del rapporto le città italiane sono per lo più tornate alla normalità, a partire dall’inquinamento atmosferico. Il trasporto pubblico non decolla, mentre vantiamo uno dei più ampi parchi auto d’Europa.

Tra i segnali positivi vediamo invece un aumento della raccolta differenziata, delle infrastrutture dedicate alle bici, e degli impianti a energia solare (termici e fotovoltaici) ospitati su edifici pubblici.

Per il presidente di Legambiente Stefano Ciafani “La transizione ecologica dei capoluoghi italiani c’è, ma è troppo lenta” e questo dipende anche dalle mancanze dei governi. Ciafani cita il mancato adeguamento del Piano nazionale integrato energia e clima (PNIEC) ai nuovi obiettivi europei (-55% di emissioni rispetto al 1990, non più -40%) e il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici, che attende l’approvazione dal lontano 2018.

 

La classifica e il suo significato

Il rapporto utilizza 18 indicatori per valutare la performance delle città. Il valore di ognuno è tradotto in un punteggio percentuale, che tiene conto per esempio delle leggi ambientali in vigore.  I punteggi dei singoli indicatori concorrono, con diverso peso, a determinare il punteggio complessivo della città, sempre espresso in percentuale. Quest’anno la prima in classifica è Bolzano 79,02%, seguita da Trento (76,31%) e Belluno (73,74%). Quarto posto per Reggio Emilia (72,99%), a seguire Cosenza (72,79%), Treviso (72,27%), Pordenone (72,00%), Forlì (70,34%), La Spezia (67,89%) e Mantova al decimo posto con 67,28%.

Tuttavia, come dicevamo l’anno scorso, questa non è una gara. I curatori notano che

nessuna città riesce a superare quota 80, come già successe due anni or sono nel pre-pandemia. Anche la soglia 75 è quest’anno oltrepassata solo dalle prime due in graduatoria: Bolzano e Trento. Il punteggio di 70 è però raggiunto o superato da otto capoluoghi (erano solo 6 nella passata edizione) a dimostrazione che c’è uno schiacciamento della graduatoria, ma non verso l’alto.

La media dei punteggi cresce di pochissimo, da 53,05 a 53,41. In altre parole, se fosse effettivamente una competizione forse dovremmo dedurre che non sembra molto sentita dai partecipanti. Un altro dettaglio importante, che Ecosistema Urbano sottolinea in ogni suo rapporto, è che per ogni indicatore esiste almeno una città che ha ricevuto punteggio 100. Una città “ideale”, che ottenesse punteggio pieno per tutti gli indicatori, non sarebbe quindi particolarmente “utopica”.

Bologna scende di nuovo in classifica

Non ci si aspettava di trovare Bologna sul podio, o tra le prime dieci città. Tutte le città più grandi, infatti, hanno maggiori difficoltà a ottenere punteggi alti rispetto a quelle più piccole. Tuttavia Bologna scende in classifica rispetto al rapporto 2021 dal 22esimo al 24esimo posto. Nel rapporto del 2020 (dati 2019) era addirittura 16esima, e al primo posto tra le grandi città. Nel 2021 è stata superata da Trieste, ora è al terzo posto, dopo Venezia e Trieste.

Dando uno sguardo alla classifica con le altre città rispetto ai 18 indicatori negli ultimi tre rapporti sembra che la città non sia molto dinamica rispetto alla transizione ecologica. I progressi, quando ci sono, fanno guadagnare poche posizioni, e perde terreno in importanti settori come il verde pubblico, l’efficienza della rete idrica e il consumo di acqua, i valori del particolato atmosferico PM10. I valori migliori li ottiene nel settore dei trasporti e del consumo di suolo.

La responsabilità delle “città neutrali”

Bologna, come molte altre città italiane, si era candidata a essere un laboratorio per la transizione ecologica attraverso la missione “città neutrali“, sostenuta dall’Unione Europea. Da aprile fa ufficialmente parte di questo programma, che punta rendere queste città climaticamente neutrali entro il 2030, per poi estendere le buone pratiche emerse all’intero territorio dell’Unione Europea. Queste città capofila della transizione ecologica urbana hanno ora una grande responsabilità di fronte ai cittadini, e al mondo. È auspicabile che questa possa essere una spinta in più accelerare il cambiamento, non solo a Bologna, ma su tutto lo stivale.

 

stefano dalla casa – formicablu

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