In questi giorni la qualità dell’aria in tutta la Pianura Padana è pessima, come spesso succede in questo periodo dell’anno. Secondo la relazione di sintesi ARPA La qualità dell’aria in Emilia-Romagna nel 2023 l’anno scorso quasi tutti gli inquinanti hanno mostrato concentrazioni medie inferiori a quelle osservate nell’ultimo quinquennio. Il rapporto quinquennale uscito a dicembre, tuttavia, mostra nel dettaglio le criticità da affrontare.
Il 4 gennaio il sito della Regione Emilia-Romagna ha rilanciato la relazione di sintesi “La qualità dell’aria in Emilia-Romagna nel 2023” prodotta da ARPAE, che evidenzia segnali molto positivi. Per quanto riguarda le polveri sottili PM10 “Per il primo anno il valore limite giornaliero è stato superato per un numero di giorni non superiore a quello ammesso dalla norma in tutte le stazioni della regione tranne una” si legge nella relazione, mentre “La media annuale di PM2.5 nel 2023 è stata inferiore ovunque al valore limite della normativa (25 μg/m3), con valori inferiori ai cinque anni precedenti”. Anche per quanto riguarda il biossido di azoto il limite annuale è stato rispettato per tutte le stazioni eccetto quella di Bologna – Porta San Felice. La concentrazione di ozono, invece, continua a superare diffusamente i limiti di legge, con episodi acuti nell’area occidentale della regione. Il numero di superamenti dei limiti, tuttavia, è stato inferiore rispetto al 2022. Gli altri principali inquinanti risultano sotto i limiti di legge.
Il bilancio del 2023 sembra quindi positivo per quanto riguarda l’inquinamento atmosferico in regione, anche se occorre tenere conto che il miglioramento registrato è stato dovuto in parte a “condizioni meteo-climatiche frequentemente anomale”. Per capire meglio la nostra situazione rispetto a questo problema è utile quindi consultare anche il rapporto quinquennale ARPAE “La qualità dell’Aria in Emilia-Romagna – edizione 2023“. Uscito lo scorso dicembre, il rapporto si concentra sui dati raccolti in regione dal 2018 (quando uscì il rapporto precedente) al 2022, che provengono dalle stazioni fisse e mobili della rete di monitoraggio regionale, dall’inventario delle emissioni e dai modelli per valutare e prevedere la qualità dell’aria, a cui si aggiungono satelliti e smart sensors.
Polveri sottili, ozono e biossido di azoto: una triade pericolosa
Il rapporto conferma che la qualità della nostra aria, nel tempo, sta migliorando. Tuttavia le misure di tre pericolosi inquinanti sono ancora troppo elevate. Anche se le polveri sottili grossolane (PM10) da tempo non superano il valore limite annuale, diverse stazioni registrano superamenti dei limiti giornalieri (50 μg/m3 da non superare per oltre 35 giorni in un anno). L’ozono risulta stazionario, e purtroppo le concentrazioni rilevate e il numero di superamenti delle soglie continuano a superare gli obiettivi previsti dalla legge (120 µg/m3 come massimo giornaliero). Va meglio col biossido di azoto, riguardo al quale le criticità, in diminuzione, sono localizzate.
Immagine: dal rapporto ARPAE
Il rapporto inoltre espone anche il problema degli inquinanti non convenzionali, cioè quelli non ancora regolamentati, tra questi ci sono il black carbon e l’ammoniaca. Il black carbon è costituito da agglomerati di atomi di carbonio e contribuisce alla formazione del particolato sub-nanometrico: anche se non è il nostro principale problema sanitario, questa sostanza ha effetti dannosi sulla salute. Inoltre, il black carbon è in grado di assorbire la radiazione solare e quindi i climatologi lo considerano un inquinante emergente in grado di riscaldare la troposfera. Si genera dalla combustione incompleta di biomasse e combustibili fossili: secondo i calcoli di Ispra in regione quello associato alla combustione di biomassa mostra una lieve diminuzione nel tempo, mentre è stabile quello associato al traffico veicolare. Non c’è però una sensibile variazione del black carbon totale annuale.
L’ammoniaca è un altro inquinante che contribuisce alla formazione del particolato, e in regione è associato soprattutto all’agricoltura e alla zootecnia. Come si legge nel rapporto:
L’atmosfera dell’Emilia-Romagna si può quindi certamente definire ricca in ammoniaca, vista la grande presenza di attività agricole e di allevamento che provocano la sua emissione, sebbene sia concentrata sul territorio in modo eterogeneo, come mostrano i valori osservati. In un contesto di questo tipo, dopo aver neutralizzato tutti gli ioni solfato presenti, l’ammoniaca inizia a reagire per formare il nitrato d’ammonio e per tali motivi i valori di particolato sono spesso ricchi di tale sale. Al fine quindi di poter ridurre le masse di PM risulta necessario diminuire considerevolmente le concentrazioni di NH3.
La relazione tra inquinamento atmosferico e clima
La qualità dell’aria non dipende solo dalle emissioni di inquinanti, ma anche da una serie di altri fattori che influiscono sulla loro distribuzione. In particolare sono importanti le condizioni meteo-climatiche. Ce ne possiamo rendere conto considerando le cosiddette “allerte smog”, che si verificano regolarmente in assenza di piogge e contro le quali i blocchi temporanei del traffico sono una misura ben poco efficace. Dal momento che il clima cambia è quindi utile prepararsi a come questo influirà sull’inquinamento atmosferico. I modelli di ARPAE per Bologna, per esempio, evidenziano che il clima del futuro potrebbe favorire la concentrazione di ozono, mentre non è chiaro l’effetto del cambio climatico previsto sui livelli di particolato. In conclusione “non è possibile affermare con certezza che la meteorologia in un clima futuro favorirà il raggiungimento degli obiettivi di qualità dell’aria”.
Variazione del numero di giorni all’anno favorevoli alla formazione di ozono negli scenari “Presente” e “Futuro” per il comune di Bologna. Immagine: dal rapporto ARPAE
Il Piano Aria Integrato Regionale (PAIR)
I miglioramenti registrati in questo ultimo quinquennio sono senza dubbio un buon segnale, ma rimane ancora molto da fare per ridurre i danni causati dall’inquinamento atmosferico. Verso la fine del rapporto, per esempio, si evidenzia che la maggior parte della popolazione è ancora esposta durante l’anno a concentrazioni pericolose di inquinanti per periodi prolungati, anche se le criticità (cioè i periodi di esposizione con valori molto più elevati della norma) sono in diminuzione. Come scrivono gli autori:
“I risultati confermano che l’inquinamento atmosferico, pur in diminuzione sul lungo periodo, resta il fattore di rischio ambientale con il maggiore impatto sulla salute umana.”
Lo strumento legislativo di riferimento per affrontare la situazione, ora e nel futuro, è il Piano Aria Integrato Regionale (PAIR). Il PAIR 2020 è entrato in vigore nel 2017, il successivo PAIR 2030 è appena entrato in vigore. I Piano prevede di continuare ad agire su diversi fronti: trasporti, efficienza energetica, produzione di energia, agricoltura e zootecnia. Alcuni degli interventi sono coordinati con le altre regioni del bacino padano, che condividono con l’Emilia-Romagna una simile situazione a causa della particolare geografia del territorio, particolarmente favorevole all’accumulo di inquinanti. L’obiettivo di PAIR 2030 prosegue dal piano precedente: ridurre ulteriormente i principali inquinanti rispetto ai valori registrati nel 2017. Dalle città alla campagna, in tutti settori sarà necessario continuare a intervenire sulle fonti di inquinanti atmosferici, che il più delle volte coincidono con quelle dei principali gas climalteranti.
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stefano dalla casa – formicablu