In un momento storico in cui la rigenerazione è al centro delle politiche urbanistiche, così come la riqualificazione e la riscoperta delle aree urbane verdi, il progetto del Quadrilatero è particolarmente interessante e da scoprire.


L’area, infatti, è immaginabile come un nucleo all’interno di un eterogeneo spazio urbano e come parte di un sistema più ampio di infrastrutture verdi e blu. Ma vediamo brevemente che cosa sono. Le infrastrutture verdi sono reti di aree naturali e seminaturali pianificate a livello strategico con altri elementi ambientali, progettate e gestite in maniera da fornire un ampio spettro di servizi ecosistemici. Senza soluzione di continuità la rete delle infrastrutture verdi penetra l’intero territorio creando continuità, funzionalità ed eliminando barriere e sprechi. La natura, non più ridotta a oggetto di consumo e di sola fruizione estetica, recupera e mette al centro il ruolo di fornitore di risorse vitali e di equilibratore della stabilità e della sostenibilità globali. La realizzazione di infrastrutture verdi promuove un approccio integrato alla gestione del territorio e determina effetti positivi anche dal punto di vista economico, nel contenimento di alcuni dei danni derivanti dal dissesto idrogeologico, nella lotta ai cambiamenti climatici e nel ristabilimento della qualità delle matrici ambientali, aria, acque, suolo. Le infrastrutture blu sono la stessa cosa ma hanno al loro centro l’acqua. In pratica, non sono altro che la rete opportunamente pianificata a gestita di aree acquatiche naturali e seminaturali presenti sul territorio e in grado di fornire molteplici benefici ambientali e sociali.

Infrastrutture verdi, Scalo Malvasia – Foto di Margherita Caprilli

Tornando al nostro Quadrilatero, attraverso la riqualificazione dell’area si vuole dunque contribuire alla connessione e all’implementazione del sistema delle aree verdi urbane e della rete di canali presenti nella parte (o quadrante) nord-ovest della città. 

L’area si pone, in quest’ottica, come elemento di connessione del canale Navile, il Parco del Cavaticcio ed i Viali che racchiudono il centro storico con l’area dei Prati di Caprara, per arrivare infine al lungo Reno. Una volta riqualificata, l’area rappresenterà anche un nodo strategico del sistema di spazi pubblici, che dal centro storico, attraverso lo spazio di piazza Azzarita, del pala-Dozza e poi dell’ex Macello Comunale si estende fino agli spazi ferroviari, con le aree di prossima trasformazione. 

Il ruolo strategico dell’area si evidenzia inoltre nella sua configurazione come nuovo isolato urbano resiliente e adattivo. L’uso collettivo dello spazio condiviso diventa, dunque, il filo conduttore del progetto. Un obiettivo perseguito attraverso la trasformazione delle corti in un giardino pubblico, a vocazione educativa per la sua valenza ambientale. Un luogo in cui sperimentare azioni di potenziamento della resilienza urbana in risposta alle principali criticità ambientali ed al contempo uno spazio in cui attivare processi inclusivi tra abitanti e fruitori occasionali, permettendo l’usabilità degli spazi a differenti gradi e modalità.  

Obiettivi del progetto sono quindi: la rigenerazione e l’efficientamento sotto il profilo ecologico ambientale dell’area, la riqualificazione funzionale degli spazi e delle aree comuni, la creazione di uno spazio pubblico urbano confortevole, accessibile ed inclusivo

Progetto del nuovo parco – Planimetria di Studio Silva e Mate

Gli interventi e le azioni messe in campo per il raggiungimento di questi obiettivi prevedono in primis l’efficientamento energetico degli edifici, attraverso la sostituzione degli infissi, l’adeguamento degli impianti e il rifacimento delle facciate, che andranno a migliorare le prestazioni energetiche degli immobili e abbattere i costi a carico degli abitanti. A questo si aggiungono gli importanti lavori da realizzare negli spazi esterni, che mirano alla costituzione di un sistema ambientale integrato volto a incrementare la capacità di resilienza dell’area in caso di eventi meteorologici estremi, e costituendo l’anima identitaria e l’asse portante del nuovo parco didattico e tematico. 

Cuore del progetto è l’area centrale dell’area, dove sono attualmente presenti spazi e servizi inutilizzabili e scarsamente accessibili. Quest’area andrà pertanto a configurarsi nell’ottica di una nuova piazza che tenga insieme la dimensione ecologica del progetto e quella sociale. Sono previsti infatti un’area di playground e la costruzione di un nuovo padiglione polifunzionale (in sostituzione dell’attuale palestra dismessa), ad uso dei residenti e della comunità

In tutto il comparto sono inoltre previsti interventi per l’abbattimento delle barriere architettoniche, al fine di garantire a tutti l’accessibilità al nuovo parco.

Un progetto dal valore complessivo di circa 5 milioni di euro, cofinanziato al 50% da Regione Emilia-Romagna (con risorse di Cassa Depositi e Prestiti e del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione) e Comune di Bologna. A questi il Comune ha aggiunto un ulteriore stanziamento di 1 milione e 300 mila euro per gli interventi di efficientamento energetico degli edifici attraverso il Super Bonus 110% presente nel Decreto Rilancio disponibile per il biennio 2021- 2022, andando così a implementare e completare gli interventi sull’intero comparto.

I primi lavori per realizzare il progetto di rigenerazione dell’area del Quadrilatero Scalo-Malvasia (quartiere Porto-Saragozza), vincitore nel 2018 del bando della Regione Emilia-Romagna per interventi di riqualificazione e rigenerazione urbana, sono stati avviati a dicembre. Il progetto prevede due fasi: la prima, quella appena avviata, di efficientamento energetico degli edifici residenziali; la seconda, di rigenerazione del giardino di pertinenza al comparto, che diventerà un nuovo spazio verde aperto a tutti e punto di riferimento per gli abitanti del quartiere e non solo.

Lavori in corso sugli edifici del Quadrilatero Scalo Malvasia – Foto di Margherita Caprilli

Il percorso di coinvolgimento degli abitanti e delle comunità 

Nel pieno rispetto della tradizione storica e culturale della città, che stimola e accoglie la partecipazione attiva dei cittadini, il progetto di rigenerazione ha coinvolto gli abitanti e gli attori del territorio per far sì che conoscessero meglio i luoghi a pochi passi da casa, imparassero a godere del giardini e degli spazi pubblici, e rafforsazzero le relazioni sociali di vicinato.. Il percorso è stato gestito dalla Fondazione per l’Innovazione Urbana attraverso attività di comunicazione, co-progettazione degli interventi da realizzare, animazione territoriale e gestione partecipata degli spazi comuni. 

Momenti di socialità, Scalo Malvasia – Foto di Margherita Caprilli

All’interno del comparto risiedono infatti 709 abitanti, di cui 225 con un’età superiore ai 65 anni e di cui 245 risultano come nucleo monofamiliare. Si tratta quindi di un’alta percentuale di persone sole, spesso anziane e in condizioni di isolamento e fragilità. Anche la componente di stranieri è elevata, arrivando a contare 192 persone sul totale di residenti presenti nel comparto. Nella prospettiva di apertura degli spazi alla città, risulta quindi fondamentale avviare e mantenere attivi nel tempo dei processi di coinvolgimento, che favoriscano una maggiore inclusione e contrastino la tendenza di isolamento ed esclusione. 

Diversi approcci e metodi sono stati sperimentati durante il percorso, con l’obiettivo di far nascere e crescere, negli abitanti, un maggiore senso di appartenenza verso gli spazi pubblici, coinvolgendo i cittadini già nella fase di individuazione e valutazione degli interventi pubblici di rigenerazione urbana, aprendo la programmazione comunale al contributo ideativo di tutte le forme di socialità radicate nel territorio, allo scopo di favorire un maggiore e virtuoso aumento della qualità urbana.

I bisogni emersi e intercettati si sono acuiti con l’esplosione dell’emergenza sanitaria da Covid-19, con una netta radicalizzazione delle criticità individuate: l’intervento sul comparto risulta di prioritaria importanza per il quartiere e la città. Con l’avvio dei cantieri si è aperta una nuova fase, quella della transizione tra il presente e il futuro. Un futuro che ha bisogno di essere accolto e accompagnato da un processo educativo e culturale, inclusivo e sostenibile, che ogni intervento di rigenerazione urbana avrebbe bisogno di adottare. 

La storia del Quadrilatero: da alloggi di emergenza a luogo di comunità e riscoperta del verde

Se ora si sta cercando di valorizzare le aree verdi del Quadrilatero, il che lo rende già un’area interessante e da scoprire, è anche vero che la sua storia è alquanto diversa e affascinante. 

Il comparto del Quadrilatero fu infatti edificato negli anni ‘30 del Novecento per dare alloggio ai nuovi operai provenienti dalle campagne e nel periodo della Seconda Guerra Mondiale fu destinato ad ospitare coloro che avevano perso le proprie abitazioni durante i bombardamenti che rasero al suolo gran parte del centro storico.

L’isolato si costituisce di otto grandi edifici: un complesso residenziale costituito da 500 alloggi distribuiti intorno ad un sistema di ampi spazi aperti, attraversati da percorsi pedonali di accesso ai corpi scala. L’impianto delle corti aperte fu voluto per sottolineare la vocazione collettiva del complesso e per garantire “condizioni di ruralità” nella città moderna, analogamente a quella che oggi viene definita come logica degli orti urbani

Già nel ‘37, infatti, il Comune di Bologna motivava la presenza di questi spazi per “trovare il modo di soddisfare l’aspirazione individuale di prendere una diretta parte attiva alla coltivazione di una, seppur piccola, porzione di terreno, e di alimentare un processo produttivo naturale della più grande importanza”

Oggi, l’area del Quadrilatero assume un importante ruolo a livello identitario per la storia della zona e del quartiere, conosciuto infatti come “le Popolarissime”, e gode di una posizione strategica rispetto agli elementi urbani circostanti. Infatti, a pochi passi da Porta Lame, è lambito a nord/nord-ovest dalle grandi aree dismesse delle ex Officine Grandi Riparazioni e dall’ex scalo Ravone, attualmente oggetto di un processo di rigenerazione che sta restituendo alla città importanti spazi dedicati alla cultura, alla creatività e all’innovazione, attraverso il progetto del Distretto Urbano Multifunzionale di Bologna (DUMBO). 

Dall’altro lato, invece, troviamo il centro civico dell’ex Mercato Bestiame, con al suo interno un mix di funzioni e servizi per la zona: la Biblioteca Borges, la sede degli uffici del Quartiere Porto-Saragozza, la Casa di Quartiere Saffi, lo studentato Ghigi, il nuovo cinema Nosadella, il nido Coccheri, la sede del nucleo territoriale della Polizia Municipale. Un luogo di prossimità e comunità, dove sono in corso i lavori per il progetto di riqualificazione del giardino Lorusso del “Parco giochi sensoriale”. Un progetto di un giardino inclusivo e accessibile, promosso dai cittadini e dalle realtà attive nell’area e finanziato attraverso le risorse del Bilancio partecipativo 2017. 

Poco distanti sono infine l’Ospedale Maggiore, polo ospedaliero di rilevanza metropolitana, e i Prati di Caprara, un “bosco urbano” di fondamentale importanza per la città e i suoi cittadini. 

Se vuoi vedere come sarà l’area una volta ultimato il progetto, scarica le Tavole e scopri le specie che verranno piantate, il tetto verde e tanti altri dettagli.

 

Elisabetta Caruso

Architetto esperta in rigenerazione urbana e innovazione sociale. Lavora tra l’Emilia Romagna e la Sicilia nello sviluppo di processi di rigenerazione attraverso percorsi di coinvolgimento e partecipazione. Per la Fondazione si occupa di progetti sul territorio, con particolare riferimento al quartiere Porto-Saragozza, e di percorsi legati alla rigenerazione, l’urbanistica e la mobilità sostenibile.

 

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