L’osservatorio Città Clima di Legambiente ha pubblicato un rapporto speciale dedicato alle alluvioni che analizza e commenta i dati degli ultimi 14 anni. La crisi climatica, incontestabile, è però solo uno dei fattori che aumentano la vulnerabilità del nostro territorio a questi eventi.


La ricostruzione delle aree colpite dalle alluvioni, a partire dall’Emilia-Romagna, deve essere l’occasione per ripensare la gestione del territorio, anche con coraggiosi cambi di uso del suolo, considerata l’ingente quantità di risorse pubbliche che saranno utilizzate. Sarebbe miope, infatti, pensare di ricostruire con la filosofia “dov’era, com’era”.

Queste parole vengono dalla premessa al nuovo rapporto Città Clima 2023 – Speciale alluvioni e non lasciano margine all’interpretazione.  Ma scorrendo le pagine del documento redatto dall’osservatorio nazionale sul clima di Legambiente non c’è molto spazio per l’ottimismo.

 

Perché aumentano gli impatti delle piogge

Nel complesso, sul territorio italiano (soprattutto in città) si registra un aumento degli eventi di allagamento (684 dal 2010) e delle esondazioni fluviali (166) a causa di piogge intense. Nello stesso periodo le piogge hanno causato anche 83 frane. Negli ultimi 10 anni (2013-2023) si sono verificati in tutto 141 casi di emergenza per eventi meteo-idro climatici, che hanno portato a una spesa di 13,8 miliardi di euro in fondi di emergenza.

Come previsto dai climatologi la distribuzione delle precipitazioni sta cambiando e si registrano più facilmente eventi estremi. Questo andamento si sta verificando in anche molte altre parti del mondo e il rapporto cita una rassegna di eventi avvenuti nel 2023: dalla Spagna al Nevada, dalla Cina all’Himalaya indiano. Tutto questo però, precisa l’associazione,  “non deve essere una scusa per nascondere le negligenze del passato”.

Fonte: Rappporto Città Clima Speciale Alluvioni

Un territorio fragile e mal gestito

Il cambiamento climatico determina un aumento degli eventi estremi, ma gli impatti dipendono dalla gestione del territorio. Il consumo di suolo non è un problema nuovo per il paese (e per l’Emilia-Romagna in particolare) e questo rende il territorio sempre più vulnerabile al rischio idrogeologico. In questo contesto il cambiamento climatico non fa che peggiorare le cose, ma di sicuro non è l’unica causa dei disastri (quasi sempre annunciati). Oggi, secondo i dati ISPRA citati nel rapporto, 1,3 milioni di persone vivono in aree definite a elevato rischio di frane e smottamenti e oltre 6,8 milioni di persone siano a rischio, almeno medio, di alluvione.


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Secondo Legambiente da decenni costruiamo troppo e male, e nonostante gli interventi di difesa del suolo finanziati dal 1999 a oggi il rischio idrogeologico nel paese continua ad aumentare. Gli interventi non tengono il passo con il crescente consumo di suolo e  l’inasprirsi dei cambiamenti climatici. A volte le opere messe in atto sono anche mal progettate. Secondo l’associazione alla base del fallimento non c’è tanto la mancanza di fondi quanto la mancanza di politica e strategia. Ci muoviamo da un’emergenza all’altra, cercando di costruire opere “difensive” che mettano in sicurezza certe aree, il tutto senza un coordinamento centrale. Alluvioni e frane continueranno a verificarsi, e per fare in modo che facciano meno danni possibili serve capire che le opere strutturali (per esempio argini più alti), non sono sempre una soluzione al problema. Scrive il rapporto:

Una vera mitigazione del rischio idrogeologico si potrà ottenere solo integrando la restituzione dello spazio ai fiumi, agendo su delocalizzazioni, desigillatura di suoli impermeabilizzati, rinaturazione delle aree alluvionali, azzerando il consumo di suolo e non concedendo nuove edificazioni in aree prossime ai corsi d’acqua, e solo in subordine, laddove insufficiente o in mancanza di spazio, prevedendo opere di difesa passiva e di sfogo controllato, come aree di laminazione, da realizzare laddove necessario e inserendole sempre in una visione generale del problema da risolvere.

Le opere di sistemazione idraulica sono comunque  necessarie, ma richiedono un’attenta pianificazione. La mancanza di coordinamento e la logica dell’emergenza favoriscono l’imposizione di progetti discutibili. Tra quelli citati da Legamenbiente c’è il caso delle casse di espansione sul Piave nelle Grave di Ciano (in provincia di Treviso), un grande progetto che distruggerebbe una Zona Speciale di Conservazione e che per l’associazione rischierebbe di peggiorare la situazione rendendo rettilineo un tratto di fiume. Altre volte l’opera è necessaria per gli esperti dell’associazione, come le casse di espansione sul Senio che proteggerebbero i centri di i centri abitati di Cotignola, Lugo, Bagnacavallo, Fusignano e Alfonsine (già colpiti dalla scorsa alluvione in Romagna). Ci sono poi casi molto complessi come il Seveso, che nel territorio milanese è sotterraneo: complicato e costoso portarlo alla luce, quindi sono in costruzione una serie di vasche per lasciar espandere il fiume. Il problema è che queste hanno un alto costo ambientale e sarebbero inadeguate nel caso di piene catastrofiche.

Fonte: Rappporto Città Clima Speciale Alluvioni

 

Le proposte di Legambiente

Che fare? Come già scritto, Legambiente mette al centro un altro modo di gestire il territorio, basato sulla prevenzione e la convivenza col rischio, invece che sull’emergenza e la difesa. Il primo passo in questa direzione sarebbe dotarsi degli strumenti legislativi giusti, che al momento sono bloccati. Aspettiamo da 11 anni una legge sul consumo di suolo, per esempio, e manca l’approvazione definitiva del Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici. Occorre anche la costituzione di una regia unica da parte delle Autorità di bacino distrettuale e rafforzare la collaborazione tra gli enti. Il Ministero dell’ambiente dovrebbe avere un ruolo di coordinamento dei cantieri e i ruoli degli attori dovrebbero essere ben definiti. Un recente convegno all’Accademia Nazionale di agricoltura di Bologna ha rilanciato gli stessi temi.


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Ma è anche indispensabile coinvolgere la cittadinanza nella gestione sostenibile delle risorse idriche, così come sensibilizzarla riguardo ai rischi, in particolare attraverso i piani di protezione civile comunali. Per le città si raccomanda l’utilizzo di buone pratiche come le Nature based solutions per ridurre le superfici impermeabilizzate e l’installazione di sistemi di allarme e semafori anti-allagamento.

 

Stefano Dalla Casa – formicablu

Immagine in apertura: Maltempo Emilia-Romagna / 2023, di Dipartimento della Protezione Civile, via Flickr

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